venerdì 3 agosto 2007

Frame 34. Un patto per l'Università: il commento

Per una volta non abbiamo dubbi. È proprio il caso di tornare a parlarne.
Di che cosa?
Della lettera di inizio agosto con la quale i Ministri Fabio Mussi e Tommaso Padoa-Schioppa hanno voluto accompagnare il documento “Misure per il risanamento finanziario e l’incentivazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema universitario” licenziato dalla Commissione Muraro il 31 luglio e sottolineare l’esigenza di un Patto per l’Università.
L’iniziativa è per molte ragioni importante. E il fatto che ci vorrà tempo prima di poterne valutare compiutamente gli effetti non impedisce certo di cominciare a discuterne. Di provare a definire una prima griglia di questioni. Di mettere in fila alcune considerazioni e domande che l’iniziativa dei due Ministri suggerisce.

Cominciamo dal capitolo “luci”, nel quale a nostro avviso è possibile annoverare:
la proposta stessa di un “Patto per l’università” che contenga “gli elementi idonei a rafforzare la cultura della valutazione” e sia finalizzato a “una programmazione di medio periodo delle dotazioni finanziarie in un quadro in cui siano chiari gli obiettivi da perseguire e gli incentivi per elevare la qualità della didattica e l’efficacia della ricerca”;

l’idea di chiamare "tutto il mondo dell’università, a partire dagli organi di governo degli Atenei, ad un grande confronto e ad un serrato lavoro di analisi e di proposta, che possa tradursi rapidamente in provvedimenti concreti e comportamenti innovativi” da inserire nel Patto stesso;

la scelta di puntare sulla costituenda Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) per determinare in che misura “la qualità scientifica e didattica dell’ateneo e dei diversi settori di ogni ateneo risulterà accresciuta" [.. e per attivare ..] "lo strumento dell’incentivazione finanziaria di provenienza statale, legata alla programmazione e ai risultati ottenuti");

l’idea di incentivare la mobilità di studenti e professori “anche attraverso congrue politiche edilizie e di sostegno economico”;

Ribadito che, come sempre in questi casi, perché le “luci” siano davvero tali occorre che le cose dette divengano cose fatte, possiamo passare al capitolo “ombre” nel quale invece è possibile a nostro avviso annoverare:

la scelta del “Risanamento finanziario e incentivazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema universitario” come criterio guida fondamentale intorno al quale strutturare il Patto e le conseguenti indicazioni relative alla necessità di:
1. subordinare alla compatibilità con i vincoli finanziari la dichiarata necessità di "Migliorare tanto la qualità dell’offerta didattica quanto la qualità della ricerca scientifica", e di aumentare (portandola dall’attuale 0,88 per cento del PIL a quel 1,2 per cento che rappresenta la media OCSE) la quota di risorse da destinare alla formazione universitaria e alla ricerca scientifica;
2. affidare al meccanismo delle incentivazioni la chiave per assicurare “la ricerca di un migliore equilibrio finanziario degli atenei con l’indicazione di modi efficaci per una più rigorosa applicazione delle regole e per la promozione della qualità didattica e scientifica";
Naturalmente la questione non è astrattamente quella di considerare le risorse da destinare a tale scopo una variabile indipendente ma di prendere atto concretamente che la “questione università” ha un’importanza strategica tale per il sistema Paese da dover essere necessariamente considerata una priorità. Detto in altri termini, occorre decidere che l’Università e la Ricerca fanno parte dei settori nei quali prioritariamente investire risorse, ad esempio destinando ad esse, sulla base di criteri rigorosi e trasparenti, una quota dell'extragettito fiscale.

Cosa aggiungere ancora?

Che convincono poco anche la mancata definizione del carattere precipuo dei “parametri oggettivamente stabiliti e verificati” che faranno sì che "le incentivazioni, per una quota già inizialmente significativa di nuove risorse, andranno agli atenei e ai settori che risultino oggettivamente sottofinanziati e che si dimostrino qualitativamente migliori quanto alle politiche di bilancio, alla gestione del personale docente e non docente, all’offerta didattica e alla produzione scientifica”; il carattere ancora troppo generico del riferimento alla possibilità di sostenere il finanziamento privato della ricerca con interventi di natura fiscale; la mancanza di un riferimento forte verso il sistema impresa affinché assuma, in materia di finanziamento della ricerca scientifica, un ruolo in linea con ciò che accade nei paesi più avanzati d’Europa, in USA, in Giappone.

E voi, cosa ne pensate?
La discussione è più che mai aperta e l’auspicio è che siate in tanti ad interagire, a far conoscere la vostra opinione e le vostre idee per arricchire, integrare, migliorare queste prime, provvisorie, ovviamente opinabili, linee di ragionamento.
Buona partecipazione.

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