Da quanto siamo andati fin qui affermando appare evidente come nel corso degli ultimi cinquant’anni l’aspetto relazionale, sociale, connettivo sia diventato sempre più importante nell’analisi dei processi di apprendimento delle persone e delle organizzazioni.
È una storia che ha avuto molti e autorevoli protagonisti e ha conosciuto numerose evoluzioni che hanno investito in maniera sempre più diffusa i diversi aspetti del processo di apprendimento. Cominciata con le idee di Simon sull’importanza delle persone e delle loro relazioni per la comprensione del comportamento sociale delle organizzazioni, tale storia è approdata, per ora, all’idea di Siemens che la conoscenza e l’apprendimento sono legati più ai processi e al sistema di relazioni attraverso i quali si realizzano che ai contenuti di volta in volta prodotti e/o erogati.
Sta di fatto che nella fase attuale è il modo stesso di concepire, organizzare e gestire la conoscenza ad essere al centro di un processo di mutazione profonda.
Si consolida la consapevolezza che si acquisiscono saperi e si sviluppano competenze non solo studiando ma anche facendo, riflettendo, sperimentando, valorizzando l’esperienza; che la capacità di collaborare, connettersi, stabilire relazioni acquista una rilevanza strategica; che il docente è sempre più uno sviluppatore di ambienti di apprendimento appropriati; che il soggetto che apprende da passivo ricettore di informazioni ordinate e selezionate dal docente diventa il protagonista principale e attivo del processo di apprendimento, esso stesso produttore di conoscenza e costruttore di ambienti.
Si afferma insomma l’idea che non basta distribuire istruzione perché le persone apprendano, che tra informazione e conoscenza c’è uno spazio che impedisce alle conoscenze, diversamente da quanto accade alle informazioni, di essere trasmesse, che tale spazio va colmato dall’apprendimento.
Se questo è il quadro, le tecnologie acquistano tanto più valore quanto più il loro uso si sposta dalle applicazioni alle attività, dalla gestione logistica delle informazioni alla funzione di strumento cognitivo. È la capacità di determinare opportunità inedite, di dare voce al bisogno di relazione, connessione, costruzione, partecipazione e dunque apprendimento delle persone a decretare il loro successo o fallimento e dunque non serve pensarle e/o usarle come un «camioncino» che distribuisce ed eroga contenuti e/o informazioni sotto forma di courseware. Piuttosto che inseguire chimere, sognare la piattaforma in grado di cambiare il mondo della conoscenza, imitare la tecnologia dell’Università della porta accanto, è meglio sviluppare le potenzialità della «classe», migliorare la sua capacità di stabilire relazioni anche attraverso un rapporto «amichevole» con le tecnologie.
È ancora Siemens a tentare di articolare, a livello di istruzione universitaria, questo processo in tre fasi:
1) nella prima egli ritiene utile incrementare l’uso di blog, wiki, podcast, forum, ecc. per ampliare la capacità di partecipazione, interazione, discussione della classe, attività che vanno comunque continuate anche in aula;
2) nella seconda va realizzato un processo di contaminazione tra diverse modalità di presentazioni e di tecnologie collaborative (a questo livello le sessioni on line sostituiscono in parte, ma non del tutto le lezioni in classe);
3) nella terza l’intera attività didattica (presentazione contenuti, valutazione, collaborazione, conversazione, ecc.) viene svolta via Web.
Più facile a dirsi che a farsi? Sicuramente. Così come è evidente che non servono fughe in avanti. Raffigurazioni modello «isola che non c’è».
In faccende come queste le parole chiave sono quelle di sempre: pazienza e lavoro. E poi ancora capacità e voglia di individuare gli aspetti generali e di tenerli divisi da quelli più specifici ma non meno importanti. E di definire un ordine di priorità. Per quanto ci riguarda, riteniamo che nell’elenco per definizione provvisorio delle priorità sia necessario trovare posto ai seguenti temi:
1) metodologia, didattica, organizzazione, struttura dell’apprendi-mento in rete;
2) livelli di interazione e modelli di apprendimento dalla scuola primaria all’Università, al posto di lavoro;
3) come si progetta, si attiva un ambiente, si organizza una scuola on line;
4) chi sono, che ruolo hanno, cosa fanno il docente, il tutor, il mentore in un processo di apprendimento on line;
5) cos’è, come funziona, come si struttura e come si valuta una comunità virtuale di apprendimento;
6) quali sono le similitudini, e quali le differenze, a seconda della classe di età e della tipologia di studio e/o di istituto;
7) quali sono le relazioni e i rapporti con l’ambiente esterno, quello scolastico e quello sociale;
8) come si costruisce conoscenza per tutto l’arco della vita.
Si tratta di un elenco impegnativo. Come del resto è la strada che porta alla conquista di nuove opportunità. È una strada fatta di diritti. E di doveri. Come avremo modo di scoprire di qui a poco.
È una storia che ha avuto molti e autorevoli protagonisti e ha conosciuto numerose evoluzioni che hanno investito in maniera sempre più diffusa i diversi aspetti del processo di apprendimento. Cominciata con le idee di Simon sull’importanza delle persone e delle loro relazioni per la comprensione del comportamento sociale delle organizzazioni, tale storia è approdata, per ora, all’idea di Siemens che la conoscenza e l’apprendimento sono legati più ai processi e al sistema di relazioni attraverso i quali si realizzano che ai contenuti di volta in volta prodotti e/o erogati.
Sta di fatto che nella fase attuale è il modo stesso di concepire, organizzare e gestire la conoscenza ad essere al centro di un processo di mutazione profonda.
Si consolida la consapevolezza che si acquisiscono saperi e si sviluppano competenze non solo studiando ma anche facendo, riflettendo, sperimentando, valorizzando l’esperienza; che la capacità di collaborare, connettersi, stabilire relazioni acquista una rilevanza strategica; che il docente è sempre più uno sviluppatore di ambienti di apprendimento appropriati; che il soggetto che apprende da passivo ricettore di informazioni ordinate e selezionate dal docente diventa il protagonista principale e attivo del processo di apprendimento, esso stesso produttore di conoscenza e costruttore di ambienti.
Si afferma insomma l’idea che non basta distribuire istruzione perché le persone apprendano, che tra informazione e conoscenza c’è uno spazio che impedisce alle conoscenze, diversamente da quanto accade alle informazioni, di essere trasmesse, che tale spazio va colmato dall’apprendimento.
Se questo è il quadro, le tecnologie acquistano tanto più valore quanto più il loro uso si sposta dalle applicazioni alle attività, dalla gestione logistica delle informazioni alla funzione di strumento cognitivo. È la capacità di determinare opportunità inedite, di dare voce al bisogno di relazione, connessione, costruzione, partecipazione e dunque apprendimento delle persone a decretare il loro successo o fallimento e dunque non serve pensarle e/o usarle come un «camioncino» che distribuisce ed eroga contenuti e/o informazioni sotto forma di courseware. Piuttosto che inseguire chimere, sognare la piattaforma in grado di cambiare il mondo della conoscenza, imitare la tecnologia dell’Università della porta accanto, è meglio sviluppare le potenzialità della «classe», migliorare la sua capacità di stabilire relazioni anche attraverso un rapporto «amichevole» con le tecnologie.
È ancora Siemens a tentare di articolare, a livello di istruzione universitaria, questo processo in tre fasi:
1) nella prima egli ritiene utile incrementare l’uso di blog, wiki, podcast, forum, ecc. per ampliare la capacità di partecipazione, interazione, discussione della classe, attività che vanno comunque continuate anche in aula;
2) nella seconda va realizzato un processo di contaminazione tra diverse modalità di presentazioni e di tecnologie collaborative (a questo livello le sessioni on line sostituiscono in parte, ma non del tutto le lezioni in classe);
3) nella terza l’intera attività didattica (presentazione contenuti, valutazione, collaborazione, conversazione, ecc.) viene svolta via Web.
Più facile a dirsi che a farsi? Sicuramente. Così come è evidente che non servono fughe in avanti. Raffigurazioni modello «isola che non c’è».
In faccende come queste le parole chiave sono quelle di sempre: pazienza e lavoro. E poi ancora capacità e voglia di individuare gli aspetti generali e di tenerli divisi da quelli più specifici ma non meno importanti. E di definire un ordine di priorità. Per quanto ci riguarda, riteniamo che nell’elenco per definizione provvisorio delle priorità sia necessario trovare posto ai seguenti temi:
1) metodologia, didattica, organizzazione, struttura dell’apprendi-mento in rete;
2) livelli di interazione e modelli di apprendimento dalla scuola primaria all’Università, al posto di lavoro;
3) come si progetta, si attiva un ambiente, si organizza una scuola on line;
4) chi sono, che ruolo hanno, cosa fanno il docente, il tutor, il mentore in un processo di apprendimento on line;
5) cos’è, come funziona, come si struttura e come si valuta una comunità virtuale di apprendimento;
6) quali sono le similitudini, e quali le differenze, a seconda della classe di età e della tipologia di studio e/o di istituto;
7) quali sono le relazioni e i rapporti con l’ambiente esterno, quello scolastico e quello sociale;
8) come si costruisce conoscenza per tutto l’arco della vita.
Si tratta di un elenco impegnativo. Come del resto è la strada che porta alla conquista di nuove opportunità. È una strada fatta di diritti. E di doveri. Come avremo modo di scoprire di qui a poco.
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